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II grande olivo

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_MoRgAnA_
view post Posted on 4/4/2013, 19:35




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II grande olivo che cresce a Canneto, nella tenuta dei fratelli Bertini è considerato uno degli alberi più vetusti d'Europa. Una leggenda lo vuole piantata dal re di Roma Numa Pompilio ma anche se appare improbabile che la sua età risalga a tempi tanto remoti essa è tuttavia ragguardevole e deve avere abbondantemente superato il millennio.

I numeri dell'olivo
Dodici quintali di olive l'anno
Nella parte più stretta ha una circonferenza di m. 5,60
Nella parte mediana di m. 7,20.
Nella parte bassa del fusto prossima alla ceppaia si apre una cavità che penetra nel tronco svuotandolo all'interno.
La cavità venne prodotta, in tempi remoti da una vera e propria carie dell'ulivo, ed ora va restringendosi grazie alla formazione di nuovi tessuti prodotti dal suo meccanismo rigenerativo.
E tuttavia ancora abbastanza grande da fornire un nascondiglio per i bambini che si recano a giocare intorno al "gigante" o per gli animali da cortile che vi razzolano accanto.
All'epoca della guerra, quando la cavità era molto più ampia e si diramava sottoterra, essa venne utilizzata come deposito di bombe e sulle carte militari tedesche l'olivo era segnato come punto di riferimento strategico.

L'età dell'olivo
L'età dell'olivo è stata spesso oggetto di discussione tra i dendrocronologi cioè tra quei specialisti che si occupano di stabilire l'età e il ciclo vitale dei più antichi esemplari della flora terrestre. Stabilire tale età non è solo una curiosità. Avendo infatti un elemento base cronologico sarebbe possibile, dallo studio delle misure e dalle forme degli anelli del tronco, ricostruire una dettagliata storia del clima della nostra zona dall'epoca della formazione dell'albero ad oggi. Gli anelli di alberi cosi antichi, infatti, sono dei veri e propri archivi viventi della storia climatica della regione in cui sono situati. Le deformazioni nella morfologia degli anelli possono indicare, agli occhi degli esperti, periodi di piogge prolungate, di siccità, impoverimenti improvvisi del suolo, fasi di fertilizzazione artificiale. È così possibile costruire dei grafici in cui, di anno in anno, le variazioni del clima e quelle conseguenti della fertilità della zona risultano fedelmente registrate.
Per l'olivo di Canneto la stima più attendibile sembra datare la pianta ad un millennio circa d'età, e farne risalire l'installazione alla prima grande campagna di bonifica delle zone di Canneto, da parte dei monaci benedettini farfensi, i quali avrebbero, intorno all'Anno Mille, installato qui un loro presidio avanzato, di cui oggi resta traccia nella struttura della casa Tanteri e nella cappella della Madonna della Neve.

A corroborare tale ipotesi sta il fatto che fino al 1870, quando la famiglia Bertini lo acquistò dal Capitolo del monastero, l'appezzamento su cui sorge l'olivone figurava tra i latifondi farfensi.

Tra Storia e Leggenda
Giuliano Castiglia, che una trentina d'anni fa realizzò in una breve, ma preziosa pubblicazione una storia dell'olivone, racconta circa questa vendita, una leggenda curiosa ed interessante che gli sarebbe stata riferita dal sig. Bertini stesso. Si narra dunque che la vecchia signora Bertini, ormai morente, avesse chiamato al proprio capezzale un monaco benedettino per ricevere gli estremi conforti religiosi. Era usanza a quell'epoca che, in punto di morte, un possidente lasciasse, come atto simbolico di devozione e di pentimento, una donazione alla chiesa. Il monaco, in tale occasione, sollecitò la vecchia ad elargire l'olivone. Malgrado le insistenze la donna negò fino all'ultimo la cessione di quell'albero sebbene il benedettino, per vendetta, le negasse l'estrema unzione "quasi che l'olivo rappresentasse il simbolo di una vita di duro ed onesto lavoro e prevalse in lei non l'orgoglio ma la convinzione che quell'albero fosse un baluardo della sua famiglia, il segno della sua unità trasmissibile ai discendenti".

Ed ancora oggi, infatti, la famiglia Bertini cura con amore l'olivo e il terreno ad esso circostante.
E racconta con fierezza anche l'altra leggenda - che tuttavia sembra destituita da un reale fondamento storico - la quale vorrebbe più che doppia l'età dell'olivo e lo farebbe risalire all'epoca del re sabino di Roma Numa Pompilio, nativo di Cures, il quale avrebbe fatto di questa zona un terreno sacro alla dea Vacuna, a cui venivano offerti, in dono rituale, i piccoli fiori bianchi dell'olivo.

Fonte web
 
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